La Camera del Lavoro di Bologna nasce dalle Società Operaie della città e della provincia, e con il concorso del Comune, il 26 marzo 1893. Il manifesto di chiamata alla “adunanza” costitutiva recitava: “Accorrete, dunque, se vi punge il desiderio del meglio, se vi sta a cuore l’avvenire vostro e dei vostri figli, se volete dimostrarvi non indegni dell’epoca in cui vivete“. Da subito diventa strumento di promozione culturale (l’università popolare), di coesione politica (lo sciopero del 1911 contro la guerra libica e poi le manifestazioni contro l’entrata in guerra) e di formazione sindacale. Solo più tardi si costituiranno le organizzazioni di mestiere; la prima sarà quella dei lavoratori della terra, che nasce nel 1902, con 9 mila aderenti.
Lo squadrismo fascista si accanisce sulla Camera del Lavoro, allora sita in Via D’Azeglio, saccheggiandola ed incendiandola due volte. Nel 1925 vengono sciolte tutte le organizzazioni libere dei lavoratori e la Camera del Lavoro entra in clandestinità , ma continua l’attività attraverso la stampa sindacale ed infiltrandosi nel sindacato fascista.
Il grande sciopero del 1° marzo del 1944 segnerà il collegamento decisivo fra la Resistenza ed il movimento dei lavoratori. La Camera del Lavoro di Bologna fu la prima in Italia ad essere ricostituita, il 10 novembre 1944: un’organizzazione unica, che fino al 1948 comprende cattolici, anarco-sindacalisti, comunisti, socialisti e repubblicani.
La Storia della Camera del Lavoro di Bologna e del Movimento dei Lavoratori Bolognese , la conservazione e la trasmissione della memoria sono particolare oggetto dell’attività dell’Archivio Storico “Paolo Pedrelli” e della sede bolognese dell’Associazione Nazionale Licenziati per Rappresaglia Sindacale e Religiosa
ARCHIVIO STORICO “PAOLO PEDRELLI”
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ASSOCIAZIONE NAZIONALE LICENZIATI PER RAPPRESAGLIA SINDACALE E RELIGIOSA
L’associazione “Licenziati per rappresaglia” raggruppa quegli uomini e quelle donne che, negli anni della ricostruzione postbellica, lottarono nelle fabbriche, nelle campagne, negli uffici pubblici, perchè i principi di libertà e di pari opportunità, scritti nella Costituzione, diventassero realtà nei luoghi di lavoro, e per questo furono licenziati.
Nella provincia di Bologna vengono licenziati 3800 lavoratori metalmeccanici, 1000 Tessili, nell’ Abbigliamento 900, nell’ Alimentare 1.500, nel Chimico 600, nel comparto Legno 500 e 250 nel Pubblico Impiego .
Spesso erano operai specializzati, impiegati efficienti, operai agricoli particolarmente capaci, che venivano allontanati dal lavoro solo per le loro idee politiche, o per la loro militanza sindacale; lavoratori spesso con alle spalle una storia di lotta antifascista ed antinazista, per i quali la riscrittura del patto costituzionale non era un fatto formale, ma un ideale per cui vivere e lottare.
Ed infatti la loro lotta e la loro perseveranza contribuirono alla conquista della legge 300/1970, con la quale si sancì il divieto di licenziamento senza giusta causa. Invece il risarcimento dei danni subiti arriverà solo a seguito della Legge 36/74, che finirà per estendere, anche ai licenziati ingiustamente, i benefici previsti per gli ex combattenti e reduci.
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